Non rompetemi i coglioni

parolacce volgarità imprecare bestemmieDite la verità, siete rimasti un po’ scossi leggendo questo titolo? Normale: le parolacce possono anche indignare o infastidire, ma sicuramente attirano l’attenzione. Non a caso oggi sappiamo che nel nostro cervello sono processate in modo diverso rispetto alle altre parole. Lo si capisce studiando gli afasici, chi cioè ha perso la capacità di parlare in modo intenzionale e articolato a causa di danni cerebrali prodotti da traumi o da malattie come ictus e ischemie.

Gli afasici dicono solo parolacce

Alcuni di questi soggetti, infatti, mantengono inalterata la capacità di dire parolacce e di imprecare: «La ragione», mi ha spiegato Simone Sulpizio, professore associato di psicologia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca e studioso di questo tema, «sembra essere legata al fatto che negli afasici sono presenti gravi lesioni dell’emisfero sinistro, correlato alla volontarietà, laddove la capacità di imprecare sembra richiedere l’attivazione di aree dell’emisfero destro sano, che controllano le azioni involontarie». In pratica, le parolacce sono in molti casi pura emozione in parole.

Le parolacce e gli argomenti tabù

Non a caso queste parole hanno a che fare con tematiche spesso tabù: la sessualità (“cazzo”, “figa”, “vaffanculo”), la religione (le bestemmie), i bisogni fisiologici (“vai a cagare”, “merda”), le malattie (“ti venisse un cancro”) e la morte (“crepa” o alcuni insulti regionali come “li mortaccia tua“). Il motivo è certamente legato al fatto che si tratta di temi tabù, infrangendo i quali scarichiamo la nostra tensione psicologica: «Un’eruzione piacevole e tonificante che ti permette di allentare la tensione», come l’ha definita linguista John McWhorter, autore di Nine nasty words (“Nove parole cattive”).

Quante ne diciamo?

Calcolare quante ne diciamo è difficile, anche se nel 2009 Timothy Jay, professore emerito di psicologia al Massachusetts College of Liberal Arts, condusse uno studio che aveva dimostrato come ogni mille parole pronunciate da un americano in media cinque fossero parolacce. Al netto delle differenze tra il repertorio volgare della lingua inglese e dell’italiano, è probabile che la situazione sia simile da noi dove, va detto, la nostra ricchezza lessicale dà certamente ampio spazio alle parolacce. Già nel 19991 uno studio condotto registrando 57 ore di conversazioni in quattro città italiane aveva rilevato che delle oltre 15mila parole più usate la prima parolaccia per frequenza è “cazzo”, seguita da “casino”, “fregare” e “stronzata”.

La rabbia andrebbe sfogata?

Meglio imprecare che picchiare

Gli antropologi però ci spiegano che dire parolacce può essere un bene, in particolare quando le usiamo per esprimere forti emozioni. Se è vero infatti che maledire qualcuno non è certamente un buon comportamento, può però rappresentare un modo per sfogare la nostra ira senza aggredirlo fisicamente. «Gli insulti hanno un compito evolutivo: ci proteggono dalla violenza fisica», ha spiegato Jay in un’intervista alla Cnn. Ma non solo: in uno studio pubblicato nel 2017 sullo European Journal of Social Psychology gli autori Michael Philipp e Laura Lombardo dimostravano persino come le parolacce possano alleviare il malessere dovuto al disagio e all’esclusione sociale: ancora una volta, meglio una parolaccia che una reazione violenta e incontrollabile.

puntoesclamativoCon le parolacce resistiamo al dolore. Tre anni fa lo psicologo inglese Richard Stephens della Keele University condusse un esperimento in cui chiese ad alcun soggetti di immergere le mani in acqua gelida. Contemporaneamente ad alcuni di loro fu detto che potevano imprecare mentre ad altri fu chiesto di limitarsi a dire parole non volgari. Risultato? Chi imprecava tollerava meglio il dolore. «L’ipotesi è che le parolacce aumentino l’arousal, cioè lo stato di attivazione psicofisico, incrementando la resistenza al dolore», spiega Simone Sulpizio. Arrabbiarsi, infatti, aumenta la frequenza cardiaca, stimola la produzione di adrenalina e innalza la soglia di sopportazione del dolore: questo spiega anche perché non possiamo fare a meno di essere volgari quando ci facciamo male.

L’articolo completo su Airone, marzo 2023