Non c’è story su Instagram o TikTok che non sia accompagnata da musica. Andiamo al supermercato, e troviamo musica di sottofondo. Per non parlare degli spot pubblicitari o delle trasmissioni televisive. Se togliessimo la musica dalla nostra vita rimarrebbe un vuoto incolmabile: accompagna infatti le nostre giornate, sottolinea o evoca sensazioni. Ma è soprattutto espressione artistica e creativa perché strettamente legata alle nostre emozioni.
Il cervello musicale
Sono proprio le percezioni emotive a rendere la musica così importante nella nostra vita. Ce ne rendiamo conto da soli, ma la scienza ce lo dimostra. «Ciò è legato in parte ad aspetti strutturali come il ritmo, la tonalità, la complessità, la dissonanza», mi ha spiegato Alice Mado Proverbio, psicobiologa all’Università di Milano-Bicocca e autrice di Percezione e creazione musicale (Zanichelli). «Ad esempio la tonalità minore trasmette sensazioni emotive di tristezza e quella maggiore di serenità e allegria: questo è dovuto alla similarità con la voce umana, entrambe percepite ed elaborate in regioni anatomiche comuni». Anche la composizione musicale ha il suo impatto: pensiamo alle colonne sonore dei film horror o thriller caratterizzate da aspre dissonanze che ci fanno provare ansia. «Queste, unite all’imprevedibilità dei suoni, agli improvvisi fragori o alle voci trasfigurate causano risposte fisiche specifiche come l’aumento della pressione sanguigna, la dilatazione pupillare e quindi tensione psicologica e paura».
Perché oggi la musica è più triste
Il piacere si vede nel cervello
Tuttavia sono le emozioni positive che ci regala la ragione per cui ascoltiamo la musica. «È stato mostrato come l’ascolto della musica stimoli i centri del piacere, in particolare il nucleus accumbens, migliorando l’umore del paziente e inducendo il rilassamento», prosegue l’esperta. Del resto nel 2011, impiegando risonanza magnetica e tomografia e emissione di positroni, ricercatori della McGill University di Montreal (Canada) avevano dimostrato che il piacere della musica, come quello prodotto dalle droghe, attiva il circuito della ricompensa coinvolto nelle attività gratificanti liberando dopamina.
Musica e sistema nervoso: gli studi
Musica, linguaggio universale
Queste basi biologiche spiegano perché, a prescindere dal contesto culturale di appartenenza, le reazioni emotive all’ascolto sono le stesse per tutti gli esseri umani: a dimostrarlo anche uno studio de 2009 uscito su Current Biology condotto su popolazioni africane che non avevano mai avuto contatto con la musica occidentale. Sottoposti all’ascolto, i soggetti erano in grado di mostrare felicità, tristezza e paura in base al tipo di canzone proposta. «Questo indica come le emozioni trasmesse dalla musica occidentale possano essere riconosciute universalmente, analogamente a quanto accade per il riconoscimento delle espressioni del volto», spiegano i ricercatori nelle loro conclusioni.
Le persone che non “sentono” la musica. Ci sono persone che non sono in grado di “capire” le sette note. Poste all’ascolto non percepiscono i suoni come musica ma semplicemente come rumore senza senso. Quetta condizione è detta amusia, una forma di incapacità biologica di comprendere, eseguire ed apprezzare la musica in ogni sua forma. «Si tratta di un’evenienza molto rara ed è associata in genere a una lesione della corteccia temporale superiore destra o ad anomalie congenite», spiega Alice Mado Proverbio. Altro discorso sono le persone che non sembrano provare grande interesse per la musica: «Ciò deriva generalmente da uno scarso ascolto o da una ridotta stimolazione musicale precoce».
L’articolo completo su Airone, novembre 2022