Nella testa del serial killer

serial killer psiche psicopatologia«Lei è un animale: le auguro una morte lenta, sofferta e crudele», «Andrà all’inferno, è quello il luogo a cui appartiene». Era il novembre 2003 quando, durante un’udienza per gli omicidi commessi dall’americano Gary Ridgway, i parenti delle vittime chiamati a testimoniare si rivolsero a lui uno dopo l’altro per esternare tutto il loro odio. Poi arrivò il turno di Robert Rule, padre di una delle giovani donne trucidate dal killer: «Signor Ridgway, lei ha reso difficile vivere secondo quello in cui credo. Ma Dio dice di perdonare, e io la perdono». Restato fino a quel momento impassibile, a quelle parole Ridgway crollò inaspettatamente in un pianto liberatorio. Una delle caratteristiche più tipiche dei serial killer, come questo camionista americano che portava le sue vittime in riva al fiume per poi strangolarle e gettarle in acqua, è proprio l’assoluta mancanza di empatia che permette la serialità dei crimini e l’elevato numero di vittime: con le sue 49 accertate, Ridgway è uno dei serial killer più prolifici di sempre.

La doppia vita dei serial killer

Per la psichiatria forense, che indaga la personalità di criminali come questi, il serial killer è un individuo che commette più omicidi in un arco temporale variabile. Alcune caratteristiche ricorrenti nel comportamento di questi soggetti si identificano: la motivazione di carattere sessuale, il sadismo, la necrofilia o a volte persino il cannibalismo. Certo è che di fronte alla loro efferatezza l’opinione comune è sempre concorde a considerare i serial killer come malati di mente. Per la psichiatria però la situazione è ben più complicata. «Non è quasi mai possibile diagnosticare patologie specifiche in questi soggetti, pur riconoscendo tratti anormali della loro personalità», mi ha detto Marco Monzani, docente di Criminologia all’Università di Padova. «Il loro funzionamento cognitivo appare nella norma».

Vendicarsi fa bene?

Capace di intendere e volere

In altre parole, una persona che in preda a deliri e allucinazioni uccide qualcuno credendolo un demone è certamente un malato di mente e dunque per la legge non imputabile per quel reato. Il serial killer invece agisce quasi sempre consapevolmente e dunque è considerato capace di intendere e volere. «Pertanto a un serial killer non è quasi mai riconosciuta l’attenuante dell’infermità mentale, che porterebbe all’impunibilità», mi ha spiegato in un’intervista Cristina Colombo, psichiatra forense e responsabile del master di Psicologia e psicopatologia forense all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

Forse hanno un cervello “difettoso”

Da tempo si studiano i meccanismi cerebrali legati alla mancanza di empatia tipica di questi assassini. Diversi anni fa un gruppo di psichiatri del Kings College di Londra aveva dimostrato, grazie alla risonanza magnetica funzionale, come nel cervello di criminali con caratteristiche antisociali non si possano rilevare segni di reazione emotiva alla vista delle espressioni del volto di altre persone. In altre parole, non sanno leggere le emozioni. Questa mancanza di empatia, secondo gli scienziati, potrebbe in parte spiegare la loro indifferenza di fronte al dolore altrui. Al momento però nulla è ancora chiaro: «Questo “difetto” non è comunque considerato oggi una possibile attenuante in termini di imputazione», precisa Colombo.

puntoesclamativoPerché sono quasi sempre maschi? Secondo statistiche internazionali, l’84 per cento dei killer seriali al mondo è di sesso maschile. «Non ci sono donne in grado di competere con i grandi serial killer», spiega Cristina Colombo. Le caratteristiche di personalità individuate in questi soggetti mostrano, tra le cause scatenanti di alcuni comportamenti cruenti, un rapporto malato con la madre, figura particolarmente rilevante nello sviluppo sessuale dei maschi. Una differenza tra serial killer maschi e femmine riguarda il modo di uccidere: laddove l’uomo tende a infierire sul cadavere, la donna agisce in genere in modo meno cruento.