Sette sosia al mondo? Impossibile

sosiaSi racconta che Paul McCartney (foto), storico componente dei Beatles, sia morto da tempo e sia stato sostituito da una persona identica a lui: in fondo si dice che per ciascuno di noi al mondo ci sono sette copie identiche. Secondo la statistica, però, trovare una persona identica a noi è molto difficile. Nel 2015 Teghan Lucas dell’Università di Adelaide (Australia) era andata a fondo. Ricercatrice nell’ambito delle scienze forensi, la studiosa si era interrogata sul rischio che un innocente venga scambiato per un criminale a causa di una forte somiglianza fisica. Impiegando specifici software aveva analizzato più di 4mila immagini di volti umani misurandone varie distanze tra gli elementi principali del viso, quali occhi e orecchie.

Una probabilità su 135 (o forse meno)

Dallo studio, pubblicato da Forensic Science International, emerse che le possibilità che due soggetti condividano anche soltanto otto misurazioni identiche sono bassissime: basti pensare che nel 2015 con 7,4 miliardi di persone sulla Terra c’era una probabilità su 135 che al mondo esistesse un solo paio di sosia. Considerando che la somiglianza totale non dipende solo dalle otto misurazioni prese in considerazione, è chiaro che le chance che due soggetti non gemelli siano identici sono di fatto ancora più esigue. Questo però è rassicurante per chi usa sistemi di riconoscimento facciale per sbloccare i propri dispostivi elettronici: è infatti pressoché impossibile che un’altra persona riesca ad accedere al nostro smartphone.

Lombroso aveva ragione?

Come giudichiamo le somiglianze

Nella realtà, però, non ci sembra così difficile imbatterci in volti che appaiono estremamente simili tra loro. Lo studio di Lucas si basa su misurazioni millimetriche, mentre nella realtà il nostro occhio non percepisce differenze così minime. «Inoltre nel processo di riconoscimento non contano solo la struttura del volto, gli aspetti geometrici e le distanze tra le parti ma anche altre caratteristiche come la superficie del viso», mi ha spiegato Sofia Landi, ricercatrice presso il Laboratory of Neural Systems alla Rockefeller University (Usa). Interpretiamo quindi le somiglianze in modo più generale rispetto a quanto fa un software di riconoscimento facciale.

Vediamo troppi volti…

Inoltre tendiamo a sovrastimare le somiglianze tra i volti anche perché ne vediamo tanti: «L’uomo si è evoluto nel contesto di piccolo gruppi, e non interagendo con le centinaia di visi che oggi possiamo vedere online», prosegue Landi. «Il nostro cervello potrebbe pertanto non essere pronto a confrontare tra loro l’enorme numero facce a cui siamo tutti esposti». C’è poi un altro aspetto: quando diciamo che una persona è sosia di un’altra siamo spesso ingannati da fattori sociali e culturali come l’abbigliamento simile, l’appartenenza agli stessi gruppi sociali e persino la stessa professione: «Alcuni studi condotti da Galit Yovel della Tel Aviv University, in Israele, mostrano la maggiore tendenza a ricordare i volti delle persone di cui conosciamo l’occupazione», aggiunge la studiosa. E tanto più memorizziamo i loro volti quanto è più facile individuarne eventuali somiglianze.

puntoesclamativoIl mito del doppio. Quello dei sosia e del doppio è un tema ricorrente nella cultura popolare, nell’immaginario collettivo, nella storia e nei miti. In molti contesti il sosia è descritto come un doppio, talvolta maligno, ma sempre inquietante: per definirlo si utilizza anche il termine tedesco Doppelgänger che ne descrive proprio questo lato oscuro. In alcune culture primitive, infatti, vedere il proprio sosia è un presagio di morte. Persino Sigmund Freud ne parlò: per il padre della psicoanalisi incontrare una persona identica a noi porta a una regressione alla primissima infanzia, quando nella nostra psiche non era ancora tracciata una netta separazione tra l’Io e il mondo esterno. Per questo ancora da adulti vedere un nostro sosia ha un effetto straniante.

L’articolo completo su Airone, dicembre 2021