Vuoi la felicità? Non cercarla

felicitàL’hanno detto tutti che oggi è il Blue Monday, il giorno più triste dell’anno. La definizione nasce da una ricerca di Cliff Arnall, psicologo alla Cardiff University (Galles). Lo studioso ha perfezionato un’equazione con la quale calcolare il giorno con il più alto fattore di depressione dell’anno. L’algoritmo tiene in considerazione alcuni fattori, tra cui la temperatura media, i giorni intercorsi dall’ultimo stipendio, i giorni che mancano alla prossima festività, il numero di notti trascorse a casa propria e il numero di ore diurne medie. Non sappiamo se il risultato è attendibile, ma di certo oggi la ricerca della felicità sembra più che mai un’ossessione. Non c’entra soltanto il clima pandemico: è insito nella cultura occidentale ripudiare le cattive emozioni. Ma anche gli psicologi c’entrano: «Assistiamo a una riscoperta da parte degli psicoterapeuti dei benefici delle emozioni positive e del saperle esprimere», ha spiegato Gian Vittorio Caprara, psicologo alla Sapienza di Roma. Pur consapevoli, ovvio, che più cerchiamo qualcosa e meno la troviamo.

Lavoro, divertimento, relazioni

Tutti sappiamo quando siamo felici, ma è difficile descrivere la sensazione. Nella storia filosofi e antropologi ci hanno provato, mentre oggi gli psicologi preferiscono parlare di benessere psicofisico, presupposto necessario alla salute mentale. Secondo la definizione freudiana classica, siamo psichicamente equilibrati, e quindi felici, se siamo in grado di lavorare con successo, di amare un’altra persona in modo maturo (anche sessualmente) e di divertirci con gli altri. Secondo definizioni più recenti, come quella dello psicologo Martin Seligman dell’Università della Pennsylvania (Usa), la felicità è legata alla capacità di concentrarsi completamente in un’azione coinvolgente (ad esempio un hobby) che sul momento non suscita in noi alcun tipo di stato d’animo. Un po’ come capita ai bambini mentre giocano spensierati, ma al contempo concentratissimi su ciò che stanno facendo.

La genetica e la società

Secondo molti studi la felicità dipende per un 60 percento da fattori genetici: una ricerca del 2008, ad esempio, ha mostrato che i soggetti in possesso di due copie della variante di un gene che controlla il trasporto della serotonina – la cui influenza sull’umore è ben nota – hanno una propensione innata per le immagini “tenere” (ad esempio, foto di cagnolini), mostrate loro durante un esperimento. Ma per fortuna però il restante 40 per cento è nelle nostre mani. Anzi, nella nostra mente. E la cosiddetta psicologia positiva ci viene in aiuto: «Di fronte alle difficoltà», spiega Thierry Janssen, medico e psicoterapeuta belga autore di Le défi positif (“La sfida positiva”) in cui affronta il rapporto tra felicità e salute, «abbiamo spesso la tendenza a reagire con emozioni come paura e rabbia che influiscono negativamente sul ritmo cardiaco e sulle secrezioni ormonali». Emozioni quindi che potevano essere vantaggiose per i nostri progenitori di fronte agli attacchi dei predatori, ma molto meno per noi. Così dagli psicologi giunge il consiglio di cercare serenità in un approccio alla vita più rilassato, più che nel possesso materiale.

L’unica via alla felicità? Accettarsi

Il segreto della felicità?

E allora proviamo ad abbandonarci. In altre parole, a pensare meno e agire di più. Questo concetto è ben espresso dallo psicologo ungherese Mihály Csíkszentmihályi con il termine “flusso”, cioè «Quella sensazione di agire senza sforzo che si avverte quando le abilità di una persona sono interamente coinvolte nel superare una sfida». Tante le occasioni in cui ognuno di noi può averlo provato: «Molte volte», prosegue Kay, «si avverte il flusso dei momenti di svago, mentre si fa surf o si gioca a pallone: tutte attività il cui unico obiettivo è l’attività stessa. Le persone che avvertono il flusso non dicono di essere felici. Forse in questi frangenti sono semplicemente troppo occupate per esserlo». Spesso infatti ci rendiamo conto della felicità solo tempo dopo, ad esempio pensando agli anni dell’adolescenza quando eravamo sereni senza sapere di esserlo. La conclusione? Il modo migliore per raggiungere la felicità è vivere a pieno le esperienze della vita. Evitando di reclamare a pieni polmoni quanto crediamo ci spetti – amore o lavoro che sia – ma impegnandoci piuttosto a cambiare la nostra vita. Anche se costa fatica.