Da nord a sud i mesi del lockdown e quelli successivi sono stati una celebrazione della nostra gratitudine verso gli “angeli” e gli “eroi” di questa pandemia, ovvero medici, infermieri e forze dell’ordine, ma anche professionisti che hanno continuato a lavorare per assicurarci i beni di prima necessità. Spesso è quando siamo confrontati con il pericolo che avvertiamo il bisogno di dire grazie, eppure dovremmo imparare a farlo sempre. È questo l’insegnamento del celebre personaggio di Pollyanna (foto), creato nel 1913 dalla fantasia di Eleanor Porter, che impara dal padre il “gioco della felicità”: in pratica, si sforza ogni giorno a trovare qualcosa per cui essere soddisfatta e grata. «Essere grati», scrivono Camillo Regalia e Giorgia Paleari in Saper dire grazie (Il Mulino), «significa ammettere che la nostra felicità e la nostra vita non sono solo in mano nostra, ma dipendono anche dagli altri e dalle circostanze in cui veniamo a trovarci».
Il ringraziamento crea fratellanza
Nel corso di uno studio del 2008 Sara Algoe e Jonathan Haidt dell’Università della Virginia (Usa) avevano intervistato alcuni soggetti che affermavano di aver provato gratitudine per qualcuno, annotando alcune frasi emblematiche con cui questi descrivevano come si era trasformato il rapporto dopo aver detto loro grazie. Tra queste, ad esempio: «Sono passato dal non conoscerlo ad avere un nuovo amico», «L’affetto per il mio amico si è rinnovato e rinvigorito», «Ci siamo avvicinati; ho pensato che fosse più dolce e l’ho frequentata di più». Insomma, la gratitudine ci spinge alla fratellanza. E la fratellanza a sua volta stimola a intraprendere azioni positive verso gli altri creando un meccanismo virtuoso. Già nel 1771 Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America, spiegava in una lettera al futuro cognato Robert Skipwith come provare gratitudine nutra il desiderio di essere a nostra volta caritatevoli. Non è forse un caso che negli Usa si celebri ancora oggi il Giorno del ringraziamento: una festa che si tiene il quarto giovedì di novembre, in cui si è invitati a dire grazie a Dio per ciò che l’anno che sta per concludersi ha dato di buono.
Apprezzare ciò che abbiamo
Ringraziare per ciò che abbiamo è anche alla base del benessere psicologico: non a caso la mindfulness, una pratica che trae origine dalla meditazione buddista, si basa anche sul concetto di ringraziamento: «Nella mindfulness si invita a porre attenzione su quanto di bello c’è in noi, attorno a noi e nella nostra vita e ad esserne grati», spiega Giuseppe Coppolino, formatore mindfulness e autore dell’ebook Meditare è semplice (se sai come farlo!). Anche questa è una strada per la serenità: «Così impariamo ad accettare la vita e noi stessi senza giudicarci continuamente». Peraltro la gratitudine e l’apprezzamento sono anche la via per riconnetterci agli altri e per amarli. Il sentimento di gratitudine, secondo la psicoanalista austriaca Melanie Klein, «è un fattore essenziale per poter apprezzare la bontà degli altri e la propria». Solo quando siamo capaci di apprezzare e amare noi stessi, e quindi ringraziare la vita per ciò che siamo, riusciamo ad aprirci all’altro e ad amarlo. Ma è vero anche il contrario: «Amando gli altri così come sono», conclude Coppolino, «impariamo ad apprezzare anche noi stessi».
L’articolo completo su Airone, novembre 2020