Fare l’amore e poi stringersi e coccolarsi tutta la notte. Un sogno per molte donne che invece si lamentano del loro uomo: subito dopo il piacere, dicono, si gira immancabilmente dall’altra parte e piomba nel sonno. Eppure il luogo comune secondo cui sono i maschi ad addormentarsi per primi dopo il sesso non è poi così vero. Uno studio pubblicato dal Journal of Social, Evolutionary, and Cultural Psychology ha analizzato le risposte a questionari fornite da 456 partecipanti di entrambi i sessi senza evidenziare tuttavia una maggiore tendenza da parte degli uomini ad addormentarsi dopo il sesso. Certamente però gli studiosi hanno confermato che, uomo o donna che sia, chi piomba nelle braccia di Morfeo in fretta potrebbe nascondere un inconscio desiderio di non lasciarsi troppo coinvolgere dalla relazione, soprattutto se nelle fasi iniziali: «Addormentarsi prima del proprio partner potrebbe indicare un desiderio di evitare di parlare e quindi di creare un legame», ha dichiarato Susan Hughes, professore associato di psicologia all’Albright College di Reading (Usa) e coautrice dello studio. Spesso, ha evidenziato la ricerca, sono invece gli uomini ad addormentarsi dopo e questo potrebbe avere una spiegazione evolutiva: «Probabilmente si tratta di un retaggio legato alla tendenza maschile alla protezione del partner», aggiunge Huges, «e cioè un modo inconscio per accertarsi che la donna non li lasci o che venga “portata via” da un altro maschio».
Cosa significa dormire insieme
Non stupisce che gli psicologi si interroghino sul dormire insieme e su come le coppie vivono spazi e tempi della notte e del letto: da sempre gli studiosi spiegano che condividere il sonno ha un significato di protezione e accudimento che va ben oltre il sesso. Non a caso molte coppie che fanno sesso ma che non vogliono legami sentimentali evitano accuratamente di dormire insieme dopo una serata di divertimento: «Nel letto si è costretti a stare vicini, a toccarsi, a sfiorarsi, anche non volendo», mi ha spiegato la psicoterapeuta Giuliana Proietti, «e questo crea tenerezza e intimità. Dormire nello stesso letto con il proprio partner significa accettare la possibilità di scambiarsi effusioni, non necessariamente sessuali. Quando invece questi comportamenti sono ritenuti indesiderabili, è giocoforza separare i letti».
Dormire in due fa bene alla salute
Se dormire insieme da un lato rafforza i legami di coppia, dall’altro può persino migliorare la salute fisica e psichica. Molti studi hanno messo in evidenza come vivere da soli favorisca patologie legate allo stress e alla depressione e un discorso analogo vale anche per chi è costretto a dormire da solo per lunghi periodi della vita. A questo proposito alcuni anni fa fu pubblicata una ricerca svolta da Wendy M. Troxel, psichiatra alla Pittsburgh University (Usa): secondo la studiosa «I problemi del sonno sono associati a malattie cardiache e psichiatriche, e dormire con il partner dà molti benefici al benessere del nostro corpo. Chi dorme abitualmente da solo fa invece più fatica a prendere sonno». Il motivo è semplice: dormire in coppia favorisce l’abbassamento dei livelli di cortisolo, l’ormone dello stress che causa depressione e ansia, e di citochine, sostanze coinvolte nei processi infiammatori, mentre favorisce la produzione di ossitocina, il cosiddetto “ormone dell’amore” che allevia stress e ansia e riduce la pressione sanguigna.
La guerra nel letto. Chi vive in coppia sa che dormire insieme può essere difficile: per molti il letto è terreno di piccoli scontri. «Siamo divisi tra due tensioni contraddittorie», scrive il sociologo francese Jean-Claude Kaufmann, autore di Un letto per due. La tenera guerra (Cortina): «da un lato il grande sogno di un amore condiviso e dall’altro l’aspirazione al benessere personale, divenuto l’orizzonte ultimo delle nostre esistenze. Il punto è che nel letto il desiderio di distanza è molto più difficile da esprimersi rispetto ad altri luoghi». È per questo che la voglia di dormire in camere separate, che talvolta emerge nei litigi, viene avvertita come un “sacrilegio”, come lo definisce lo stesso Kaufmann, cioè un segnale di rottura dell’armonia di coppia.