Una delle cose più complicate della vita è mettersi d’accordo. Sul lavoro, in coppia o tra amici contrattare e mediare tra posizioni diverse richiede intelligenza, introspezione e un minimo di tattica. Tutto sta nel saper gestire i conflitti: lo spiegano i formatori Massimo Berlingozzi e Diego Ingrassia in un recente articolo pubblicato da Psicologia Contemporanea: «La mediazione richiede di acquisire consapevolezza su ciò che accade dentro di noi», scrivono gli autori. Purtroppo però di fronte a un diverbio la prima e più istintiva reazione non è quella di cercare un accordo: «L’innesco di un conflitto determina una risposta automatica del nostro organismo definita di “attacco o fuga”».
I conflitti fanno bene
Ma le divergenze non sono solo inevitabili, sono soprattutto utili. Se n’era accorto già verso la fine degli anni Cinquanta uno dei più celebri sociologi statunitensi, Lewis A. Coser: nel suo saggio Social conflict and the theory of social change (“Conflitto sociale e la teoria del cambiamento sociale”), pubblicato dal British Journal of Sociology, l’autore spiegava come i conflitti servano a mantenere la coesione all’interno dei gruppi umani rafforzando la partecipazione dei membri stessi. Un attrito in famiglia oppure in un team di lavoro può aumentare quindi la solidità delle relazioni, a patto che sia gestito con intelligenza e senza rancore.
Quelli che sanno mettere tutti d’accordo
Saper ottenere la meglio dai diverbi è una dote rara. Psicologi ed esperti di mediazione individuano alcune caratteristiche tipiche del bravo negoziatore. Eccole.
1. Ascoltatori. Prima di iniziare una discussione, il bravo mediatore sa ascoltare i bisogni dell’altro senza anteporre immediatamente i propri.
2. Cooperatori. Sa che comportamenti istintivi e automatici potrebbero portare all’antagonismo e a litigi, più che a soluzioni: «Il mediatore non colpevolizza gli altri, ma si concentra su come le persone possono affrontare insieme il problema», mi ha spiegato a questo proposito Tiziana Fragomeni, avvocato e responsabile scientifico di Movimento Enne.Zero, che progetta interventi formativi sul tema del conflitto.
3. Razionali. Quando l’altro è ostile, lascia cadere le provocazioni per concentrarsi sul problema. «Sa distinguere cioè la componente soggettiva da quella oggettiva del problema da risolvere», prosegue Fragomeni.
4. Empatici. Sa riconoscere paure, emozioni e bisogni propri e dell’altro. Le donne sono avvantaggiate: «Essendo “progettate” per essere madri», dice Fragomeni, «hanno la capacità di cogliere velocemente i segnali che l’altra persona invia».
5. Persuasivi. Sa convincere l’altro delle proprie ragioni, ma lo fa sempre in buona fede: solo così ispira fiducia nell’interlocutore senza manipolarlo.
L’articolo completo su Airone, gennaio 2020