Bambini affetti da autismo che riscoprono il piacere di interagire con gli altri grazie all’improvvisazione teatrale, ma anche malati di cancro che riacquisiscono sicurezza in sé grazie alla pittura o alla scrittura creativa. L’arte nelle sue espressioni, comprese musica e danza, da tempo è anche terapia e pedagogia: la usano i medici, gli psicoterapeuti in affiancamento alle sedute tradizionali ma anche gli educatori che organizzano attività formative con i bambini sani. Poco per volta anche il mondo scientifico si sta rendendo conto dell’utilità in tutti questi ambiti di forme espressive come queste: ad aprile lo studio americano Bridge, pubblicato sulla rivista Neurology, ha dimostrato l’utilità dell’impiego delle arti visive digitali nel sostegno dei pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (sla), così frequentemente colpiti da depressione. Ma in che modo un’attività espressiva e artistica può essere d’aiuto? «L’arteterapia favorisce la conoscenza di se stessi e delle proprie potenzialità e rende possibile l’integrazione delle risorse psicologiche di cui disponiamo», spiegano gli autori del saggio L’arteterapia: efficacia, efficienza e sostenibilità in Italia e all’estero, voluto dall’istituto di formazione aziendale Istud.
Conoscere se stessi, su un palcoscenico
Un esempio viene dal palcoscenico. La teatroterapia si basa principalmente sulla rappresentazione di personaggi improvvisati, ma non solo: «Il lavoro attoriale, mettendo a confronto l’identità di base dell’attore con quella del personaggio da interpretare, rende l’attore stesso consapevole della propria personale modalità dell’organizzazione dell’Io», scrive Vezio Ruggieri, già docente di psicofisiologia clinica alla Sapienza di Roma, in Terapie distrazionali nei contesti clinici, sanitari ed educativi (Franco Angeli). Le attività svolte nei laboratori di teatrotearpia partono quindi da una riflessione introspettiva: si inizia con una fase preparatoria finalizzata a prendere confidenza con lo spazio scenico: «Tutto parte già con l’incontro con gli altri attraverso esercizi di esplorazione corporea con i partecipanti messi a cerchio», mi ha spiegato Simona Garbarino, attrice teatrale e televisiva, da anni pedagogista teatrale e formatrice presso il Teatro dell’Ortica di Genova. Fondamentali sono le attività sulle capacità espressive del corpo e della voce: «Ciò è importante quando si lavora con persone che vivono in un corpo che sentono “espropriato”, come accade con chi ha subito violenze o con persone malate: in questi casi si eseguono esercizi basati sullo sviluppo della propriocezione, cioè la capacità di percepire le parti del proprio corpo». Ancora una volta entra in gioco la comunicazione non verbale: così grazie al teatro anche i pazienti disabili oppure autistici hanno modo di riprendere contatto con le proprie emozioni, imparando a esprimerle.
L’articolo completo su Airone, giugno 2019