Lo scorso anno Eurispes ha condotto in Italia, Germania, Polonia e Russia un’indagine sociologica su un vasto campione di giovani tra i 18 e i 30 anni evidenziando una gerarchia di valori e obiettivi che i ragazzi si pongono. Al top delle aspirazioni ci sono quelle di natura economica: denaro, lavoro, benessere materiale e carriera (nella foto, Mahmood, vincitore di Sanremo 2019 con Soldi). Solo dopo troviamo i valori relativi alla vita sociale, come famiglia, tempo libero, e quelli legati alla vita privata, come amicizia, amore e sesso. Da un certo punto di vista è comprensibile: la contrattualità tra generazioni su questioni economiche è alla base del processo di crescita. È quanto è sempre avvenuto con la paghetta settimanale: «Si tratta di un’espressione del rapporto di forza tra genitore e figlio», mi ha spiegato Gian Paolo Lazzer, sociologo all’Università di Verona. A novembre sono stati invece American Express e Fondazione per l’educazione finanziaria a presentare, con la collaborazione di Doxa, una ricerca che ha fotografato il rapporto con il denaro dei giovanissimi. Condotta su un campione di 504 genitori e 501 ragazzi tra i 12 e i 18 anni, ha mostrato come l’87 per cento di loro abbia del denaro a disposizione, principalmente proveniente dai regali oppure in cambio di buoni risultati scolastici.
Il denaro dice chi siamo
In una società come la nostra è inevitabile che lo status sociale si misuri anche, e soprattutto, con la ricchezza che possediamo. Il denaro regola rapporti simbolici e di potere: «Così per un americano è abbastanza comune chiedere all’interlocutore quanto guadagna», prosegue Lazzer. In fondo si tratta dell’effetto collaterale della modernità: nel passaggio dalle società contadine a quelle industriali e postindustriali il ricorso al denaro ha semplificato i rapporti commerciali, da un lato, ma è arrivato sin dentro la vita quotidiana. Tanto che non c’è alternativa: «Le economie monetarie sono più performanti rispetto a quelle basate sul baratto, ad esempio, e sono le sole a poter garantire l’istituzione di grandi organizzazioni», continua il sociologo. Inoltre già nel 1985 uno studio dell’antropologa britannica Caroline Humphrey aveva mostrato come un’economia basata unicamente sul baratto sarebbe inattuabile e come, di fatto, non esistono nemmeno testimonianze storiche che esso sia mai realmente esistito. Pare invece che sia stato praticato solo da società che già adottavano il denaro, in situazioni specifiche e di emergenza come ad esempio subito dopo la caduta dell’Impero Romano.
L’articolo completo su Airone, marzo 2019