Perché inconsciamente vogliamo farci del male da soli, se non addirittura punirci. Presentarsi a un ricevimento in abito elegante e rovesciarsi addosso lo spumante, urtare lo spigolo di un mobile ogni volta che ci passiamo davanti: a tutti capita di essere maldestri, ma per alcuni la tendenza a combinare piccoli incidenti con i movimenti del corpo sembra particolarmente forte. La tendenza a distrarsi e quindi a essere vittime di piccoli e grandi incidenti quotidiani (accident proneness, come la definiscono gli studiosi) è un fatto comprovato: dopo aver analizzato i risultati di 79 studi condotti su un totale di 150mila persone e su 250mila incidenti, la psichiatra Ellen Visser dell’Università di Groningen (Paesi Bassi) ha illustrato in un articolo uscito alcuni anni fa su Accident Analysis and Prevention come la tendenza a ripetere incidenti sia in alcuni soggetti decisamente più alta della media della popolazione. Ma non solo: secondo lo studio di Visser, la tendenza a farsi del male avrebbe una correlazione con le tendenze autodistruttive tipiche di chi intenzionalmente si fa del male, ad esempio di chi commette o tenta di commettere suicidio. L’unica differenza è chi è maldestro non è consapevole di volersi fare del male ma di fatto il suo comportamento suggerisce quello: un inconscio desiderio di provocare un danno a se stesso. Ma naturalmente c’è anche la distrazione, che oggi è un problema serio: «Viviamo in una società che ci chiede costantemente di essere sempre pronti, attivi e prestanti», mi ha spiegato Simona Lauri, psicologa clinica strategica e mental trainer a Milano. «Il tanto decantato multitasking, la capacità di fare più cose insieme, rischia di condurci a stress e stanchezza psicofisica rendendoci maldestri».
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