In parte sì, e oggi sappiamo perché. Pensiamo a Vincent Van Gogh e al matematico John Nash (foto), brillante economista reso celebre dal pluripremiato film A beautiful mind (2001): i due rappresentano bene i due estremi della creatività. Ad accomunarli però è anche un’altra caratteristica: entrambi soffrivano di problemi psichici. Uno studio pubblicato dal neuroscienziato islandese Kári Stefánsson su Nature Neuroscience mostra che il legame tra creatività e follia non è un luogo comune: le varianti genetiche che predispongono al rischio di schizofrenia e di disturbo bipolare sarebbero infatti molto frequenti tra le persone che svolgono un’attività artistica o creativa. «Ricerche come questa illustrano una correlazione statistica interessante», mi ha spiegato Nicola De Pisapia, ricercatore presso il Dipartimento di psicologia e scienze cognitive dell’Università degli studi di Trento, «anche se non ci sono ancora le prove di un rapporto di causa-effetto». Non mancano però le ipotesi. Una riguarda i meccanismi dell’attenzione: «Le persone creative infatti hanno filtri attentivi meno efficaci», mi ha detto Sergio Agnoli, ricercatore presso il Marconi Institute for Creativity di Bologna. In altre parole, hanno una maggiore tendenza a lasciarsi distrarre. Questa scarsa capacità di non farsi influenzare da stimoli esterni è presente anche in psicopatologie come la schizofrenia. «Certo la pazzia non porta direttamente alla creatività: se infatti in molti soggetti affetti da malattie mentali troviamo meccanismi psicologici fondamentali per il comportamento creativo, tuttavia spesso in questi soggetti sono estremizzati e dunque dannosi».
Come funziona il cervello creativo?
Non esiste una specifica area dedicata alla creatività, tuttavia una parte dell’encefalo è sempre coinvolta quando pensiamo creativamente: è la corteccia prefrontale. Studi neuroanatomici funzionali, realizzati tramite la risonanza magnetica funzionale, mostrano infatti un’attivazione di questa zona mentre siamo intenti a pensare in modo originale e fuori dagli schemi. Uno studio pubblicato tempo fa da Caroline Di Bernardi Luft della Queen Mary University di Londra aveva invece mostrato come, sopprimendo temporaneamente per mezzo di stimolazioni elettriche la funzione delle aree del cervello che controllano il pensiero razionale, sia possibile spingere i soggetti a ragionare in modo più creativo e secondo logiche insolite.