Siamo i nostri piedi

piedi.jpgSelam, una bambina di Australopithecus afarensis vecchia di 3,3 milioni di anni e morta prima di raggiungere i quattro anni di età, sta permettendo agli scienziati di capire come si è evoluto il nostro modo di camminare. Una ricerca americana pubblicata a luglio su Science Advances ha esaminato infatti i resti di un piede della piccola arrivando a ipotizzare che questi ominidi, noti soprattutto grazie al fossile di Lucy scoperto in Etiopia nel 1974, camminassero quasi come noi durante il giorno per poi arrampicarsi di notte sugli alberi dove trovavano riparo dai predatori: le loro estremità permettevano infatti di aggrapparsi facilmente consentendo peraltro movimenti molto ampi grazie ad alluci con un’attaccatura alla base particolarmente curva.

Il piede e l’evoluzione

Non è un caso che studi evoluzionistici come questo si concentrino sul piede. Questa parte del corpo è importantissima: ci consente di camminare e di stare in piedi, attività fondamentali per l’autonomia. In una ricerca del 2004 pubblicata dal Journal of Material Culture, l’antropologo Tim Ingold scriveva: «Le descrizioni dell’evoluzione umana presentano tipicamente le mani come strumenti della razionalità e dell’intelligenza e i piedi come semplici strumenti meccanici necessari alla deambulazione». Tuttavia, spiega Ingold, non sarebbe corretto relegare questi ultimi a semplici supporti. «Nel corso dell’evoluzione», prosegue, «tre mutamenti hanno portato gli ominidi a rassomigliare a quello che siamo noi oggi: l’incremento di dimensioni del cervello, le trasformazioni anatomiche della mano e un insieme di cambiamenti dell’intero corpo connessi alla stazione eretta». Il piede umano sarebbe quindi la conseguenza delle mutazioni che hanno permesso all’uomo di adottare l’andatura tipica della nostra specie.

Un miracolo dell’anatomia

Tuttavia l’evoluzione fa strani scherzi. Se infatti il piede si è trasformato per adattarsi alla stazione eretta, in alcuni soggetti sono ancora oggi individuabili caratteristiche anatomiche tipiche del piede dei nostri progenitori. È quanto era emerso da uno studio pubblicato sull’American Journal of Anthropology nel 2013 da Jeremy DeSilva e Simone Gill dell’Università di Boston (Usa). Dopo aver osservato l’andatura di 398 persone, avevano evidenziato in 32 una peculiare flessibilità del piede a metà della sua lunghezza, esattamente come capita negli scimpanzé. La perdita di questa caratteristica anatomica sarebbe legata alla sua inutilità per l’uomo contemporaneo, abituato a camminare su terreni regolari.

Cosa dice il piede

Una parte del corpo importante come i piedi non può che ricoprire, come capita alle mani e agli occhi, un ruolo decisivo anche da un punto di vista psicologico. I piedi sono infatti capaci di comunicare. Su Psychology Today il divulgatore americano Joe Navarro fa un esempio a riguardo: «Osservate un bambino seduto a tavola che vuole uscire a giocare. I suoi piedi cercano di raggiungere il pavimento prima ancora di aver finito di mangiare, ondulano, si agitano nella direzione della porta». I piedi, in pratica, non mentono. Forse anche per questo sono da sempre oggetto di tabù: rivelano ciò che l’espressione del viso e le mani possono mascherare.

L’articolo completo su Airone, settembre 2018

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