I 5 tipi di vacanza: qual è il vostro?

24072014C’è chi smanetta online alla ricerca di una sistemazione lowcost e chi semplicemente si lancia: bando alle paure, prenota il volo e il resto si vedrà sul posto. Ognuno ha il suo modo di concepire le vacanze estive: «Da un lato c’è il modello di vacanza che prende le mosse dal Settecento, quando i giovani aristocratici si lanciavano nel Grand Tour con lo scopo di maturare esperienze culturali e umane», mi aveva spiegato in un’intervista Andrea Pollarini, docente di gestione degli eventi alla Iulm di Milano. «Dall’altro c’è il turismo di villeggiatura, che vede la luce in Inghilterra ai primi dell’Ottocento». Se il primo è un turismo di scoperta ed esperienza, il secondo è quello di villeggiatura cioè semplicemente un periodo in cui le attività quotidiane sono spostate in un altro luogo, spesso il mare o la montagna, da cui si cerca di trarre benefici salutistici. «Quello che sta accadendo oggi», continua Pollarini, «è che questi due modelli si stanno incrociando tra loro. La vacanza oggi non è altro che un modo di impiegare la villeggiatura per fare esperienza». Oggi non andiamo più in vacanza per “svernare”, come i nostri nonni, ma per arricchirci di esperienze.

Le diverse filosofie di ferie

Così ecco le nuove vacanze: percorsi enogastronomici attraverso tenute e cascine, visite lungo la strada del vino in Borgogna, tour sulle orme dei pellegrini del cammino di Santiago de Compostela. Naturalmente fare esperienza vuol dire molte cose. Nel 2001 Asterio Savelli, docente di sociologia del turismo presso l’università di Bologna, aveva tentato di catalogare le forme di esperienza associate alle vacanze degli italiani. Ne era emerso un variegato quadro di significati attribuiti da ciascuno di noi. Ecco qualche esempio:
1. la vacanza scelta per appartenenza, ovvero fatta per fare ciò che fanno tutti, per sentirsi parte di un gruppo sociale, per stare con gli altri e sentirci alla pari. Un esempio? Le masse di giovani che ogni anno passano l’estate a Ibiza o in altre località alla moda tra locali e movida notturna;
2. la vacanza per evasione, l’esatto opposto, con cui cerchiamo il distacco dalle norme e consuetudini sociali: quelli che vanno in Islanda o in Groenlandia, tanto per intenderci;
3. 
la vacanza di relazione con l’ambiente in cui il contatto con la natura costituisce l’aspirazione più forte. A questa vacanza appartengono le escursioni in montagna, ad esempio;
4. per certi versi simile è la vacanza di scoperta, in cui il turista si espone a esperienze nuove talvolta non programmate: può essere naturalistica ma anche di città, l’importante è che non manchi l’avventura;
5. infine la vacanza di autenticità in cui gioca un ruolo fondamentale il contatto con luoghi e situazioni incontaminate e genuine: sono le vacanze preferite dai patiti del naturale, del bio e del mangiare sano.

Il culto del fare

In ogni caso è chiaro, come fa notare l’etnologo Orvar Löfgren nel suo saggio Storia delle vacanze (Bruno Mondadori), che «è sufficiente sfogliare la sezione dedicata alle vacanze del New York Times e dare un’occhiata alle numerose offerte turistiche per rendersi conto di quanto sia importante il fattore esperienza a livello commerciale. Tour operator e alberghi vari promettono di arricchire le nostre ferie, di insegnarci a rilassarci in tutti i modi possibili». Viviamo insomma in un’epoca dominata dal culto delle grandi esperienze che diventano merce: non deve stupire quindi il recente boom di SmartBox e degli altri marchi di pacchetti-vacanze pensati per regalare ad amici e parenti momenti di vita da gustare e da fare propri. E da raccontare, naturalmente, una volta rientrati a casa.

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