Tra le volontarie dell’associazione CucciolO, che a Bologna raggruppa i genitori di bimbi nati pretermine, ci sono madri che hanno perso un figlio e altre semplicemente spinte dal desiderio di dare una mano a bimbi bisognosi di cure. Dal 1995 si danno il cambio presso il Policlinico Sant’Orsola per colmare il vuoto lasciato da genitori che non possono essere sempre presenti. Come? Coccolando questi piccoli e dando loro così un contatto fisico importante perché crescano sani e forti.
Le coccole influenzano il dna
Senza coccole, infatti, i bambini non crescono bene. Un recente studio condotto dalla University of British Columbia (Canada) ha dimostrato che quelli che vengono coccolati poco possono sviluppare forme di disagio psichico e disadattamento. Ciò si manifesta anche a livello genetico: durante lo studio, ai genitori di 94 neonati è stato chiesto di annotare modalità e durata dei momenti di intimità fisica con i loro piccoli. Quattro anni e mezzo dopo il dna dei bambini è stato analizzato e confrontato a quello prelevato a inizio esperimento. Tra i più coccolati e quelli meno le differenze erano consistenti e riguardavano in particolare cinque regioni specifiche del dna, due delle quali coinvolte nel funzionamento del sistema immunitario e del metabolismo. Cosa ciò significhi in termini di salute non è ancora chiaro, tuttavia questi risultati potrebbero indicare un diverso sviluppo psicofisico.
I bimbi non coccolati rischiano la depressione
Quel che di certo sappiamo è invece che durante l’infanzia, ma anche da adulti, le coccole hanno un impatto sull’umore: stimolano la produzione di ossitocina, che produce sensazioni di benessere e aiuta il cervello a ridurre i livelli di cortisolo, connesso allo stress. La funzione protettrice delle coccole e dell’ossitocina riguarderebbe però anche lo sviluppo cognitivo: l’ossitocina potrebbe infatti aiutare chi soffre di autismo a socializzare. Lo riporta uno studio pubblicato su Science da ricercatori dell’Emory University (Usa) che hanno studiato il comportamento delle arvicole della prateria, una specie di roditori, dimostrando come questi animali tendenzialmente monogami esprimano empatia nei confronti dei loro simili sofferenti grazie proprio all’ossitocina. In fondo già negli anni Cinquanta lo psicoanalista austriaco René Spitz aveva osservato, in bambini di un anno separati dalla madre perché ospedalizzati, l’insorgere della cosiddetta depressione anaclitica, caratterizzata da un crollo psicofisico prodotto proprio dalla mancanza di contatti fisici.
“Puoi fidarti di me”
Alla nascita infatti il contatto fisico con la madre ci garantisce nutrimento e rassicurazione: «Il contatto del corpo attiva alcuni dei sistemi motivazionali interpersonali, alla base cioè delle relazioni sociali», mi ha spiegato Susanna Pallini, psicologa presso lo stesso ateneo. Da un punto di vista evolutivo le coccole derivano infatti dal grooming, la pratica igienica presente in molte specie animali che consiste nel reciproco pulirsi il mantello. Il punto è che, come per tutte le forme di accudimento, anche le coccole vanno dosate. Un eccesso può essere dannoso per il bambino: «Osserviamo un bimbo che cerca coccole dalla mamma: quando questa lo prende in braccio, poco dopo lui inizierà a dimenarsi perché vuole staccarsi», prosegue Pallini. Una volta stabilito il contatto fisico, il bambino ha bisogno infatti di tornare a esplorare il mondo: le coccole rappresentano per lui la prova che in caso di emergenza la mamma è disponibile. «Ed è giusto così: le coccole non devono limitare il bambino nel suo desiderio di staccarsi dalla mamma e diventare autonomo». In questo senso il difficile lavoro di madre sta nel dosare la giusta quantità di vicinanza fisica: un eccesso può risultare dannoso tanto quanto una carenza.
L’articolo completo su Airone, gennaio 2018