I compagni di squadra, nello spogliatoio, giocano tra loro dopo la partita aggredendosi per finta. Una ragazza dà una pacca sul sedere a un amico. Una coppia si accarezza vicendevolmente i capelli. Con il corpo comunichiamo: toccandoci a vicenda esprimiamo gioia, consolazione, seduzione, intimità. «Il linguaggio del corpo», mi ha spiegato Marino Bonaiuto, docente di psicologia della comunicazione alla Sapienza di Roma, «è la prima forma di comunicazione che apprendiamo. Al momento della nascita è il contatto con la madre a garantirci nutrimento e rassicurazione». A chiarire il concetto fu, già nel 1958, un celebre esperimento condotto dallo psicologo americano Harry Harlow. Lo studioso aveva separato alcuni cuccioli di scimmia dalle loro madri e li aveva chiusi in gabbia con due sostituti materni: una finta scimmia femmina di peluche, calda e morbida, e un’altra metallica e fredda ma che erogava latte tramite un biberon. Le scimmiette, spaventate dall’assenza della madre, ricorrevano al surrogato di madre metallico solo per soddisfare i bisogni alimentari, mentre passavano la maggior parte del tempo con la madre calda e accogliente.
Il tocco di una donna
Il contatto fisico è presente dai primi istanti di vita anche nell’uomo, e influisce su quelli che in psicologia si definiscono stili di attaccamento, cioè i modi di relazionarci con gli altri da adulti. «Forme di contatto come l’abbraccio», spiega Isabella Poggi dell’università di Roma tre, autrice nel 2006 di uno studio sul tema, «hanno un significato di protezione. Comunicano “Io ti sono vicino, mi prendo cura di te”. Non a caso sono frequenti nei momenti di sofferenza o di pericolo». Ecco allora gli abbracci di consolazione a chi sta soffrendo, le carezze per asciugare le lacrime. O addirittura i gesti di autocontatto: quando siamo tesi giocherelliamo coi nostri capelli o ci sfreghiamo il volto. Una prova ulteriore viene da un esperimento condotto all’università della Virginia (Usa): scienziati hanno analizzato le reazioni di alcune donne in una situazione di stress (piccole scosse elettriche) in tre condizioni, ovvero stringendo la mano del marito, stringendo quella di uno sconosciuto e senza contatto. «Stringendo la mano di qualcuno diminuisce l’attività delle aree del cervello che si attivano nelle situazioni di minaccia. Questa diminuzione era molto maggiore quando le donne tenevano la mano del marito», spiega James Coan, uno dei coordinatori della ricerca.
Saper leggere il rifiuto
Qualunque sia il contesto, i contatti corporei hanno un loro linguaggio: «Molti significati sono veicolati dallo stesso gesto», spiega Stanley Jones dell’Università del Colorado (Usa). «Posare una mano sul braccio o sulla spalla può essere un supporto, un ringraziamento, un saluto, una richiesta di attenzione». Lo sa bene la stessa Poggi che ha realizzato un “tocconario”, cioè un vocabolario del tocco, presentato nel volume Le parole del corpo (Carocci). Ecco allora qualche idea per interpretare i contatti fisici più comuni
Toccate quotidiane
1. Un pizzico di gelosia. Una coppia e un’altra donna. Quest’ultima si avvicina a lui con fare seduttivo. Lei che fa? Gli tocca la cravatta, finge di sistemargli il colletto della camicia. Gesti che normalmente vorrebbero dire “Mi prendo cura di te”, in questo caso sono un messaggio alla “terza incomoda”: “Guarda che lui è mio, non ti avvicinare”.
2. A botte, ma per finta. Due adolescenti fingono di prendersi a pugni: l’aggressione giocosa è accompagnata da risate, battute, movimenti esagerati. Gesti cioè che indicano che si sta facendo per scherzo. Un comportamento estremamente comune tra maschi, e rintracciabile anche nei cuccioli di molte specie animali. Il significato? Mostrare amicizia e complicità.
3. Ci sono qua io! Non tutti gli abbracci sono uguali. Quello frontale è più intimo, perché mette in contatto tutto il corpo, comprese le zone più intime. Quello laterale invece è da amico, frequente soprattutto tra maschi. Un esempio? Un compagno di università è stato bocciato e subito lo si abbraccia così, con una mano sopra la spalla e stringendolo a sé.
4. (Finta) amicizia tra colleghi. Un collega a un altro: “Puoi seguire questa pratica per me?”, e intanto gli posa una mano sulla spalla. Il significato? Una richiesta amichevole di favore, almeno all’apparenza. In realtà chi viene toccato si sente in dovere, proprio perché trattato (apparentemente) amichevolmente. Risultato: alla richiesta non si può dire di no.
5. Posso vedere? Una donna tocca la collana di un’amica con la scusa di vederla. Una ragazza tocca il braccialetto di un amico. Finti apprezzamenti che vogliono dire: “Sto cercando di instaurare un rapporto con te”. Un rapporto che può essere di amicizia, ma anche qualcosa di più.