Il 2 giugno del 1981 Rino Gaetano (foto), il celebre cantautore di Gianna, uscì di strada con la sua auto a Roma attorno alle 4 del mattino scontrandosi con un camion. L’impatto fu violento e il musicista fu soccorso da un’ambulanza che lo portò in un pronto soccorso della città dove venne però rifiutato perché non attrezzato a prestargli soccorso. Verranno quindi contattati, senza successo, altri ospedali dove però fu nuovamente rifiutato per mancanza di posti. Morì dopo alcune ore di agonia verso le sei del mattino. Dieci anni prima del tragico evento Gaetano aveva però scritto una canzone, La ballata di Renzo, in cui il cantautore descriveva la morte di un giovane in seguito a un incidente stradale: anch’egli viene rifiutato da tre ospedali romani. Quali? Gli stessi tre visitati dal cantante prima di morire. Questa casualità così incredibile e inquietante ha fatto sorgere molte ipotesi, anche complottistiche: alcuni hanno chiamato in causa persino il ruolo della Massoneria.
Sogni premonitori? Statisticamente possibili
Di coincidenze ce ne capitano spesso: quante volte pensiamo a una persona che non vediamo da tempo e la incontriamo per caso proprio il giorno stesso? Tuttavia è la scienza a mostrarci che non si tratta di un fenomeno strano o soprannaturale. Nel 1989 Persi Diaconis e Frederick Mosteller della Harvard University (Usa) lo indagarono in uno studio pubblicato dal Journal of the American Statistical Association nel quale definivano coincidenza «una sorprendente concorrenza di eventi, percepiti come collegati in modo significativo, senza apparente connessione causale». La loro spiegazione era che, considerando quanto è grande il mondo e quante cose accadono ogni giorno, anche le coincidenze apparentemente più improbabili hanno buone possibilità di verificarsi. «L’esempio classico è quello dei sogni premonitori», mi ha spiegato Lorenzo Montali, professore associato di psicologia sociale all’Università di Milano Bicocca e vicepresidente del Cicap, Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze. «Sognare qualcosa che poi si verifica il giorno dopo non è così improbabile: se consideriamo il numero di sogni fatti da tutti gli esseri umani sull’intero pianeta la possibilità che avvenga realmente un evento sognato non è per nulla così ridotta». Su questo tema Michael Shermer, storico della scienza americano, fa un esempio nel suo Homo credens: Perché il cervello ci fa coltivare e diffondere idee improbabili (Nessun dogma) per spiegare che un sogno premonitore sulla morte di qualcuno che conosciamo è statisticamente tutt’altro che improbabile: «In media», scrive, «facciamo cinque sogni a notte, cioè 1825 sogni all’anno. Se ne ricordiamo solo un decimo significa che ricordiamo 182,5 sogni all’anno. La popolazione americana ammonta a circa 300 milioni di persone, per un totale di 54,7 miliardi di sogni ricordati l’anno. I sociologi ci dicono che ciascuno di noi conosce bene grosso modo 150 persone: abbiamo quindi una rete di 45 miliardi di connessioni personali. Con un tasso di mortalità di 2,4 milioni di americani all’anno è inevitabile che qualcuno di questi 54,7 miliardi di sogni ricordati riguardi qualcuno di questi 2,4 milioni di morti tra i 300 milioni di americani legati da 45 miliardi di connessioni personali: sarebbe un miracolo se nessuno dei sogni premonitori di morte si avverasse».
La memoria selettiva
Le coincidenze sono inoltre il prodotto di una “anomalia” di funzionamento del nostro cervello: la memoria selettiva. «In pratica se da un lato tendiamo a notare le correlazioni tra eventi che hanno un significato per noi, d’altro canto tendiamo a dimenticare le occasioni in cui non si sono verificate», dice Montali. Così se siamo convinti che ogni volta che dimentichiamo a casa l’ombrello si mette a piovere finiremo col ricordare solo i casi in cui questo è successo e dimenticheremo volontariamente tutte le occasioni in cui abbiamo lasciato a casa l’ombrello ma non è piovuto. In questo modo non facciamo altro, però, che rafforzare la nostra convinzione che nulla accade per caso.
L’articolo completo su Airone, giugno 2017