Amati odiati vicini (VIDEO)

Stalking condominiale: così è stato definito dalla stampa, e dalle sentenze, il caso di diverbio condominiale che lo scorso anno ha avuto come vittime Stefano Ansaldi, 39 anni, e la moglie Marina Cerquetti, 41, di Ronco Scrivia (Genova). Nel 2012 la coppia aveva iniziato a subire insistenti torture quotidiane dai vicini di casa, Maria Barbieri (74 anni) e il figlio Nivio Bunicci (40): musica ad alto volume nel cuore della notte, colpi di bastone alle pareti, la spazzatura gettata dal balcone e perfino un’inquietante minaccia nella cassetta delle lettere: «Vostro figlio la pagherà». La persecuzione, sorta da un banale dissidio su un giardino condominiale, si è conclusa solo lo scorso anno con una sentenza del tribunale: quattro mesi di reclusione più il risarcimento danni per Barbieri e Bunicci, responsabili di violenza psicologica.

8 italiani su 10 non salutano i vicini

Senza arrivare a questi estremi la vita di condominio è piena di ostacoli. Tutto dipende dal fatto che obbliga gli individui a una vicinanza con perfetti sconosciuti. Così basta poco per incendiare gli animi. Una recente indagine promossa da Nescafé e condotta su circa 1800 italiani ha monitorato i principali social network, blog e forum per capire come sono cambiati nel tempo i rapporti tra vicini di casa. I risultati parlano di un grande anonimato: sono la routine quotidiana (nel 73 per cento dei casi), la mancanza di tempo per socializzare (68 per cento) e l’aumentata percezione di microcriminalità (39 per cento) a far sì che i vicini siano visti con crescente fastidio e distacco da oltre 6 italiani su 10. Ma è quello che vogliamo veramente? Forse no, dal momento che quasi un italiano su due teme di essere ignorato da chi abita sullo stesso pianerottolo mentre il 32 per cento ha paura di risultar loro invadente. Così finisce che quando incontriamo un vicino per strada facciamo finta di niente: il 79 per cento degli italiani abbassa lo sguardo mentre il 45 per cento evita l’ascensore se è già occupato.

Occorre ricreare relazioni positive

Secondo gli psicologi molti dei dissidi tra vicini nascono proprio da questo anonimato, favorito dalla conformazione stessa dei condomini: luoghi in cui c’è coesistenza tra spazi privati (gli appartamenti) e spazi condivisi (le parti in comune). Il fenomeno è quindi tipico della modernità: «L’urbanizzazione ha modificato i contesti e luoghi di vita tradizionali, imponendo una convivenza con persone fuori della cerchia della famiglia», mi ha spiegato Elvira Cicognani, docente di psicologia sociale e di comunità all’Università di Bologna e coautrice dello studio “Troppo vicini? I rapporti di vicinato tra conflittualità e risorsa sociale” con Alessia Brodo, pubblicato nel 2012 dalla rivista Psicologia di comunità. Un tempo si coabitava con la famiglia allargata: «Allora le reti familiari facilitavano la tenuta dei rapporti sociali, oggi non è più così e dobbiamo quindi di riscrivere le regole della convivenza».

Riscopriamo il vicinato

Bisognerebbe quindi riscoprire il senso della comunità. In questo i tentativi non mancano. In concomitanza con l’indagine, Nescafé ha anche realizzato la campagna pubblicitaria The Nextdoor Hello che è anche un esperimento sociale testimoniato da un video diffuso su YouTube. Ai balconi di un condominio di Milano sono stati installati tavoli-ponte che univano diversi appartamenti. Su ciascuno, gli organizzatori hanno fatto trovare tazze di caffè: un invito a berle insieme che, inizialmente con diffidenza, gli inquilini hanno poi accettato trovandosi così costretti a socializzare e a conoscere i propri amati e odiati vicini di casa. Ma nella vita reale quanto è possibile ricreare rapporti di buon vicinato e di socialità? «Alcuni psicologi sociali stanno lavorando proprio in questa direzione con interventi destinati a educare i condomini alle regole della buona convivenza», aggiunge Cicognani. Alcuni hanno pensato alla possibilità di inserire “psicologi di condominio”: «Gli psicologi sociali di comunità possono fare molto per prevenire ed evitare che le situazioni potenzialmente critiche degenerino in conflitti». In questo modo, insieme agli architetti, potrebbero trasformare i condomini in occasioni di socialità e collaborazione.

L’articolo completo su Airone, ottobre 2016

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