Si beve meno, ci si sballa di più

L’abuso di alcol in contesti ricreativi, come la discoteca o le feste, continua a essere un problema rilevante tra i giovani. L’allarme è lanciato dal Ministero della salute nella relazione al Parlamento su alcol e problemi alcolcorrelati, relativa al 2014 e presentata il 22 marzo scorso. A fronte di un lieve calo rispetto all’anno precedente dei consumatori giornalieri, emerge infatti con sempre maggiore evidenza il fenomeno del binge drinking, ovvero l’assunzione di alcolici in modo compulsivo, mischiandoli tra loro, fino a star male.

L’Italia, Paese Ue in cui si beve meno

Un comportamento pericoloso, e sempre più frequente anche nel nostro Paese, di cui i ragazzi non si vergognano ma che anzi è occasione per gare di bevute. «I binge drinker», mi ha spiegato in un’intervista per Visto Michele Contel, segretario generale dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol, «rappresentano il 10 per cento degli uomini e il 2,5 delle donne sul totale dei bevitori nel 2014. Questi dati tendono però a raddoppiare nella fascia giovanile dei 18-24enni». Questo fenomeno si accompagna paradossalmente a una riduzione dei consumi medi di alcol. Oggi, sul totale della popolazione superiore agli 11 anni, è pari al 63 per cento la quota di italiani che bevuto almeno una bevanda alcolica nell’ultimo anno: dieci anni fa il valore toccava l’80 per cento. «In Italia si consumano all’anno 6,1 litri pro capite di alcol puro, il valore più basso tra i 28 Paesi dell’Unione europea», aggiunge Contel.

Pericolo binge drinking

Perché allora questa discrepanza tra un consumo abituale in riduzione e una crescita dell’alcol da sballo? «Da un lato si beve meno durante i pasti», spiega Contel: «la modernizzazione della società ha portato a concepire il vino, bevanda che costituisce i due terzi del consumo italiano, come un piacere da gustare limitatamente più che come alimento vero e proprio da assumere come energetico durante la giornata di lavoro, come avveniva nel passato». Contemporaneamente il binge drinking fa sempre più presa sui giovani, complici le mode d’oltreoceano: «Nelle culture nordeuropee gli atteggiamenti proibizionisti nei confronti dell’alcol hanno da sempre spinto i giovani a lasciarsi andare nelle occasioni di assenza del controllo famigliare». Così, però, il rischio di cadere nell’alcolismo è più facile.

Rischio dipendenza da alcol

Secondo il Ministero è pari a un milione il numero di alcoldipendenti in Italia: «Preoccupante, in particolare tra le ragazze, è la drunkoressia, cioè assunzione di alcol a digiuno per raggiungere un effetto più intenso e non aumentare di peso», mi ha detto in un’intervista che mi ha rilasciato tempo fa Luigi Janiri, psichiatra all’Università Cattolica di Roma e promotore della Soft therapy. Questo nuovo approccio, adottato al day hospital di psichiatria del Policlinico Gemelli, prevede la riduzione graduale dell’assunzione grazie a un nuovo farmaco, il nalmefene, a incontri di gruppo e a colloqui individuali. Una terapia “dolce” che mostra maggiore efficacia rispetto a quelle tradizionali basate sull’astensione: i protocolli tradizionali evidenziano infatti come più di due terzi dei pazienti trattati ricada nell’abuso. Meglio dunque prevenire, e non vietare: «A differenza di quel che accade oltreoceano», conclude Contel, «nelle culture mediterranee il battesimo dell’alcol è sempre avvenuto in famiglia: questo consente una protezione dal rischio di dipendenza grazie a un’esposizione controllata, necessaria a comprendere i propri limiti».

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