È il Testo unico per la sicurezza sul lavoro (2008) che richiede bagni separati per uomini e per donne. La spiegazione sarebbe legata alla diversa anatomia dei due sessi, tuttavia non c’è una reale esigenza pratica tanto che nelle abitazioni non ci stupiamo se lo stesso wc è usato sia da uomini che da donne. Come spiegò il sociologo canadese Erving Goffman in uno studio del 1977, questa divisione è in realtà soltanto culturale anche se non è priva di conseguenze psicologiche: nei bagni di un’azienda, ad esempio, le gerarchie vengono meno e questo può provocare ansia tra i maschi che all’orinatoio si possono trovare fianco a fianco dei propri superiori.
Imbarazzo all’orinatoio
La dimostrazione l’avevano data l’anno precedente Dennis Middlemist, Eric Knowles e Charles Matter delle università dell’Oklahoma, Ohio e Wisconsin (Usa). Gli studiosi avevano mostrato infatti come la presenza di altri uomini agli orinatoi induce uno stato d’ansia che si riflette nell’esitazione, ovvero la difficoltà a iniziare a emettere il getto di urina. Per farlo un ricercatore si era nascosto in una cabina di un bagno pubblico per spiare con un periscopio l’area degli orinatoi a muro. Effettivamente a una maggiore vicinanza di altri uomini aumentava la difficoltà a “lasciarsi andare”. Una difficoltà che per alcuni può essere patologica: è la cosiddetta urofobia, e chi ne è affetto vive una sorta di ansia da prestazione che può impedirgli di urinare in qualsiasi luogo pubblico compromettendone la socialità.
Soli con noi stessi
Il bagno è infatti un contesto privato per eccellenza: luogo di cura della persona, è ormai un vero protagonista della socialità. «È il posto che più di altri rappresenta l’intimità con noi stessi», mi ha raccontato Marita Rampazi, sociologa all’Università di Pavia e autrice di Un posto da abitare. Dalla casa della tradizione all’incertezza dello spazio-tempo globale (Led). «Per questo può diventare un rifugio quando avvertiamo il bisogno di staccare la spina». Non è un caso che nelle famiglie numerose sia per eccellenza l’unico luogo dove non essere disturbati e che negli uffici andarci rappresenti una legittima scusa per allontanarsi da una situazione critica che ci potrebbe coinvolgere. In fondo, di fronte alla giustificazione del bisogno fisiologico nessuno può opporsi alla nostra assenza.
Emergenza sanitaria
In alcune parti del mondo però la privacy non è certo il primo dei pensieri. Nei Paesi in via di sviluppo i servizi igienici pubblici e privati rappresentano un problema di salute pubblica. Secondo dati della Banca mondiale corrisponde a circa 2 miliardi e mezzo di persone (circa il 40 per cento della popolazione terrestre) il numero di persone che non hanno a disposizione bagni puliti, dato che raggiunge punte preoccupanti nell’Africa subsahariana (70 per cento), nel subcontinente indiano (60), in Cina e nel Sud-est asiatico (34).
Più di 200mila euro buttati… nel wc
Ma le conseguenze sono anche economiche: si calcola infatti che la mancanza di bagni comporti ogni anno una spesa a livello globale di 260 miliardi di dollari, quasi 230 miliardi di euro, dovuta ai costi necessari alla cura delle patologie prodotte dalla scarsa igiene ma anche, incredibilmente, al semplice tempo che molte persone al mondo sottraggono al lavoro, e dunque alla produttività, nella ricerca di un wc. Per questo da 14 anni il 19 novembre è la Giornata del gabinetto, ricorrenza voluta dall’imprenditore Jack Sim che nel 2001 fondò a Singapore World Toilet, associazione impegnata in iniziative umanitarie per favorire la diffusione di servizi igienici nelle aree del mondo economicamente più svantaggiate. La data oggi è riconosciuta dalle Nazioni unite.
L’articolo completo su Airone, marzo 2015. Altre domande e risposte su I 500 perché. Domande e risposte per tutta la famiglia (Cairo). In libreria