Prendete un moderno smartphone e confrontatelo con un vecchio telefono cellulare anni Novanta: due oggetti con una stessa funzione di base (telefonare), ma totalmente diversi nel loro aspetto. Se non sapessimo cosa sono, potremmo pensare che siamo di fronte due strumenti completamente diversi.
Come specie viventi
Gli oggetti che utilizziamo tutti i giorni si sono trasformati anche nell’aspetto. Secondo molti antropologi in queste trasformazioni è possibile individuare un parallelismo con l’evoluzione delle specie viventi. Alcuni oggetti vanno incontro infatti a un processo di diversificazione moltiplicandosi per adattarsi al meglio ad ambienti diversi: così ad esempio gli apparecchi elettronici tendono a differenziarsi gli uni dagli altri nella forma e nelle funzioni producendo innumerevoli varianti. Obiettivo: non sparire nelle scelte d’acquisto degli utenti. Per inciso, i cellulari hanno subito invece un’evoluzione peculiare: da giganti a microscopici per poi tornare a ingrandirsi. La selezione naturale è un altro fenomeno che riguarda anche le invenzioni: se a fine Ottocento le prime automobili erano a benzina, elettriche e a vapore, oggi solo il primo tipo di motore si è sviluppato diventando sempre più performante, mentre il vapore si è totalmente “estinto”. Si tratta di un processo di adattamento, come quello che porta alcuni oggetti scomparsi a rinascere in nuovi contesti storici: la carta igienica e il wc, ad esempio, furono usati molti secoli fa dagli imperatori cinesi e poi scomparvero per essere reinventati in Europa in tempi molto più recenti.
I 4 oggetti che sono maggiormente evoluti
1. La tastiera del computer: dalla macchina da scrivere ai moderni pc è rimasta praticamente identica. Nella seconda metà dell’Ottocento si cercò una posizione dei tasti in grado di evitare che le aste che imprimono contro il foglio di carta le singole lettere si colpissero tra loro. La combinazione fu scelta studiando la frequenza con cui le lettere compaiono le une vicino alle altre nella lingua inglese. Ma non solo: «La prima fila», mi ha spiegato Alvise Mattozzi, sociologo della tecnica all’Università di Bolzano, «contiene tutte le lettere per scrivere typewriter, cioè macchina da scrivere, parola usata per dimostrare la velocità di questo nuovo prodotto». Nel passaggio dalle macchine da scrivere ai pc non si è fatto altro che mantenere (se non con poche modifiche) la stessa posizione: è il fenomeno della familiarizzazione, che spinge i designer a progettare prodotti innovativi ma con caratteristiche simili a quelli già esistenti così da non “spaventare” il pubblico.
2. La Wii: ha un guscio protettivo che non serve più (solo) a proteggere. L’evoluzione di alcuni prodotti è legata al loro utilizzo pratico, talvolta non previsto dai progettisti. Quando i designer della Nintendo progettarono la Wii, il popolare videogioco della Nintendo da utilizzare davanti al televisore di casa, non pensarono che giocando si suda e che quindi può capitare che i comandi da impugnare scivolino dalle mani. Per questo nelle versioni successive sono state introdotte guaine in silicone che tuttavia, col tempo, sono diventate un segno distintivo di questa tipologia di giochi. Tanto da rendere impensabile una Wii senza questa caratteristica ormai più estetica che funzionale. È quello che è successo con i Suv, la cui vera funzione in genere non è sfruttata: chi acquista questi veicoli lo fa per l’aspetto da fuoristrada, non per usarli come fuoristrada.
3. Il coltello e la forchetta: si sono scambiati funzione. A volte gli oggetti evolvono in coppia, come è accaduto a coltello e forchetta (ne parlo su Airone di luglio 2014 a pagina 105). Nel Seicento la forchetta aveva due rebbi (punte) e non permetteva di raccogliere i pezzi di cibo più piccoli: si usava quindi il coltello, che aveva allora una lama larga e tonda fatta apposta per questo. Nel corso dei secoli nelle forchette crebbe il numero dei rebbi: questo permetteva di usarle per portare il cibo alla bocca dopo averlo infilzato. Così il coltello perse questa funzione e poté diventare più piccolo. In altre parole, la trasformazione di un oggetto ne modificò anche un altro a esso collegato.
4. L’ombrello: si chiama ancora così, ma non serve più a fare ombra. Nell’antichità l’ombrello era usato per ripararsi dal sole: non a caso il suo nome, in italiano, richiama questa funzione e non quella attuale di riparare dalla pioggia. L’uso odierno si è diffuso infatti successivamente, con il Novecento. Con questo oggetto siamo di fronte a un’evoluzione della funzione: lo strumento è lo stesso, ma l’utilizzo è cambiato con la storia e con esso alcune minime caratteristiche come materiale e forma.
Gli oggetti ci dicono come li dobbiamo usare. Lo fanno grazie all’ergonomia, la scienza che studia come adattare gli utensili al corpo umano. «Con gli anni Novanta molti strumenti d’uso comune come spazzolini, penne e rasoi hanno iniziato a essere progettati secondo criteri ergonomici», mi racconta Michela Deni, docente di semiotica del design presso l’Istituto superiore per le industrie artistiche di Firenze. Ormai da vent’anni gli utensili per la cucina hanno forme sempre più irregolari (e magari meno gradevoli) per adattarsi all’anatomia di chi li usa. Allo stesso modo le prime biciclette avevano manubri con un’impugnatura semplice e regolare mentre oggi hanno scanalature per far posto alle dita e migliorare la presa. «L’ergonomia però», aggiunge Alvise Mattozzi, «disciplina il corpo degli utenti, piuttosto che adattarsene: la forma degli oggetti indica come vanno impugnati, impedendone così un uso diverso».