Sembra di no, basta fare attenzione al genere e al volume. Secondo un recente studio anziché distrarre può infatti rendere meno stressati e aumentare creatività e produttività. A sentire Ravi Mehta dell’Università dell’Illinois (Usa), che ha condotto la ricerca, troppo rumore disturba mentre troppo poco non stimola la mente a sufficienza: la frequenza giusta si attesterebbe attorno ai 70 decibel, corrispondenti al transito di un veicolo. «Un moderato livello di rumore migliora la capacità di risolvere i problemi», spiega Mehta. Meglio se questo livello è raggiunto con la musica: per i ricercatori del Centro di consulenze dell’Università di Waterloo (Canada) per mantenere la concentrazione dovremmo ascoltarne di strumentale (meglio un solo strumento) e senza parole.
Il traffico che ci distrae
Certo restare focalizzati su un compito non è facile: la capacità di mantenere la concentrazione coinvolge infatti sistemi cerebrali molto delicati e interconnessi tra loro. Se infatti alcune aree del cervello si occupano di dirigere l’attenzione volontaria verso ciò che stiamo facendo, esiste anche un’attenzione involontaria: «Si attiva», mi hanno spiegato Francesco Marini e Angelo Maravita del dipartimento di psicologia all’Università di Milano-Bicocca, «ogniqualvolta veniamo distolti da uno stimolo improvviso come il suono di un clacson per strada». Ed è proprio qui che si nascondono le nostre continue distrazioni.
Quando non ci accorgiamo del tempo che passa
La qualità delle nostre prestazioni dipende infatti dalla capacità del cervello di impedire alle informazione irrilevanti di accedere alla coscienza. In altre parole, ci distraiamo quando il nostro cervello non riesce a escludere quegli stimoli esterni (suoni, parole di chi ci sta attorno, immagini) che in ogni momento si intromettono tra noi e il compito che stiamo eseguendo. Eppure esiste una condizione in cui la nostra attenzione è veramente (e quasi miracolosamente) incollata a ciò che ci interessa davvero: in quei momenti non ci accorgiamo nemmeno del tempo che passa e così lavoriamo e studiamo meglio e riusciamo persino a essere più creativi.
Il flusso
Gli scienziati dell’Istituto Weizmann (Israele) hanno studiato l’attività cerebrale di nove volontari con la risonanza magnetica scoprendo che durante l’esecuzione di un compito l’attività si concentra nel giro frontale superiore, associato alla coscienza di sé. Quando però il compito diventa più complesso questa parte rimane a riposo:
di fronte a un problema esterno, infatti, il cervello mobilita le sue risorse a scapito dell’attenzione normalmente rivolta verso noi stessi, al nostro stato fisico e alle nostre emozioni. Questa condizione, la miglior forma di concentrazione possibile, è stata descritta dallo psicologo ungherese Mihály Csíkszentmihályi in Living well (Weidenfeld & Nicolson) con il termine “flusso”: «Si tratta di quella sensazione di agire senza sforzo che si avverte quando le abilità sono interamente coinvolte nel superare una sfida», spiega. Le persone che avvertono il flusso non dicono di essere felici perché troppo occupate per pensarci. Eppure lo sono: queste esperienze contribuiscono molto al benessere globale. Non a caso questa condizione è neurologicamente simile all’ipnosi che infatti, lasciando libera la mente, permette di risolvere molti problemi psicologici.
L’articolo completo su Airone, giugno 2014