«Ho una notizia buona e una cattiva. Quale vuoi prima?». Alla classica domanda la maggioranza in genere chiede di sentirsi dire subito quella brutta. Uno studio dell’Università della California (Usa), pubblicato a settembre sul Personality and Social Psychology Bulletin, lo conferma. Secondo i ricercatori preferiamo infatti sapere subito cosa c’è che non va mentre se siamo noi a dare la notizia tendiamo a fare l’opposto: comunicare brutte notizie è spiacevole e viene quindi spontaneo esordire con qualcosa di positivo.
Prima la cattiva notizia
La ricerca, condotta dalle studiose Angela Legg e Kate Sweeny, mostra quindi come l’ordine con cui comunichiamo i fatti non è innocuo. Me lo conferma Alessandro Lucchini, formatore e autore di saggi di comunicazione che insieme ai soci Paolo Carmassi e Maddalena Bertello della società di consulenza Palestra della scrittura da tempo tiene corsi di comunicazione rivolti a chi si trova quotidianamente a dover dare notizie spiacevoli, ad esempio i medici (ne parlo su Io Donna dell’11 gennaio 2014, a pagina 109). «Dire a un paziente “la sua situazione è critica, ma fortunatamente abbiamo preso in tempo la malattia” ha un impatto diverso dalla frase “fortunatamente abbiamo preso in tempo la malattia, ma la sua situazione è critica”», spiega. «Anche se il contenuto è lo stesso, collocare la cattiva notizia all’inizio della frase trasmette speranza mentre posizionarla alla fine crea preoccupazione».
Blot, blob, blim
Anche per Legg e Sweeny iniziare una comunicazione con una brutta notizia attenua l’ansia del destinatario, anche se lo disincentiva a cambiare il proprio comportamento. In altre parole, il paziente che si sente dire la prima frase sarà così felice dell’ottimismo dei medici da ignorare almeno in parte la criticità della situazione. Che fare allora a dire qualcosa di spiacevole? Secondo i formatori che si occupano di comunicazione esistono tre modalità con cui possiamo raccontare una notizia. Solo una di queste, però, è indicata quando dobbiamo riferire qualcosa di spiacevole senza compromettere il rapporto e provocare eccessiva ansia. Eccole:
1. Metodo blot (bottom line on top, argomento principale all’inizio). Prima raccontiamo la brutta notizia, poi i dettagli e le conseguenze. È il metodo adottato negli articoli di cronaca e negli annunci ufficiali: in testi di tipo informativo, infatti, occorre spiegare subito l’accaduto mentre le reazioni dei lettori o degli ascoltatori non sono determinanti.
2. Metodo blob (bottom line on the bottom, argomento principale alla fine). È l’opposto del precedente: dopo un ragionamento che procede per gradi si arriva alle logiche conseguenze, cioè la notizia vera e propria. È il metodo usato quando si vuole vendere qualcosa: prima si illustrano le necessità dell’acquirente, quindi gli si dimostra che l’unica soluzione è il prodotto che stiamo promuovendo.
3. Metodo blim (bottom line in the middle, argomento principale in mezzo). È quella che, come spiega Alessandro Lucchini, viene definita dagli esperti di comunicazione “tecnica del panino”. Il contenuto della nostra comunicazione è a metà tra un’introduzione e una conclusione: è questa la modalità migliore per comunicare la cattiva notizia, preceduta e seguita da due buone notizie.
L’articolo completo su Airone, gennaio 2014