Lei è un po’ lui

Alex vorrebbe vivere una vita normale, innamorarsi ed essere ricambiato. Ma la sua adolescenza non sarà semplice. Perché Alex non è né maschio né femmina: è un ermafrodito. Inizia così il film XXY di Lucía Puenzo (2007). Ogni anno al mondo nascono 65mila bambini con un patrimonio genetico misto e un’anatomia sessuale confusa: in parte femminile e in parte maschile. Tuttavia è anche studiando queste anomalie che è possibile conoscere meglio le caratteristiche genitali delle persone sane.

Quando eravamo di un solo sesso
In realtà le differenze anatomiche e funzionali tra uomini e donne non sono enormi: durante le prime sette settimane di sviluppo uterino, infatti, gli embrioni di entrambi i sessi sono identici. È anche questa la ragione per cui talvolta, come nel caso di Alex, qualcosa può andare storto. Se l’origine degli organi sessuali è comune non deve stupire che persino la loro funzionalità non sia così diversa come crediamo. Qualche esempio?

Un piccolo pene…
Prendiamo il clitoride. Questo organo femminile, analogo a un pene in piccolo e scoperto “solo” nel 1559 dall’anatomista padovano Realdo Colombo, è stato a lungo trascurato dalla scienza. Nel 2004 l’urologa australiana Helen O’Connell diede un contributo a comprenderne funzione e anatomia arrivando a conferirgli la stessa dignità del pene. Secondo O’Connell, infatti, non va definita clitoride solo la struttura visibile a occhio nudo all’apertura superiore della vulva, ma anche la sua parte interna, profondamente innervata, che per dimensioni rivaleggia con il pene. «Questa scoperta riporta una certa parità tra i sessi – ha spiegato la studiosa –. Finora si è sempre pensato che la sessualità femminile è più che altro riproduttiva. La scoperta di un organo così esteso, destinato esclusivamente al piacere, cambia le nostre prospettive».

…e una vagina che eiacula
Anche le donne, quindi, sono programmate per godere del sesso. Del resto a far supporre che l’eccitazione femminile non è così dissimile da quella maschile ci si mettono anche gli studi sulle fantasie erotiche (ne parlo su Airone di luglio 2013). E l’eterno mito dell’eiaculazione femminile. Non si contano i forum, le discussioni online, le leggende metropolitane e anche una buona parte di pornografia dedicati a questo controverso fenomeno: l’emissione di liquido dalla vagina, simile a quello seminale maschile, durante l’orgasmo. Da cinquant’anni alcuni sessuologi ipotizzano l’esistenza di una “prostata femminile”: sarebbero cioè le ghiandole parauretrali di Skene, che affiancano il canale di fuoriuscita dell’urina, a permettere il fenomeno in una fetta di donne che non supera il 5 per cento.

Superiorità femminile
Quanto c’è di vero? Nel 2006 Sandra R. Leiblum della University of Medicine and Dentistry del New Jersey (Usa) ha confermato in uno studio che a permettere l’eiaculazione femminile sono proprio quelle ghiandole. Aggiungendo che il fenomeno dipende anche dalla presenza di un’area particolarmente sensibile nella parete anteriore della vagina. «La variabilità del fenomeno da donna a donna e da caso a caso – aggiunge Leiblum – ha a che vedere con le enormi differenze anatomiche individuali». Pare infatti che non tutte le donne capaci di eiaculare producano lo stesso tipo di liquido: uno studio più recente (2011) ha mostrato infatti che solo per alcune si tratta del prodotto viscoso delle ghiandole di Skene. In altri casi si tratta, infatti, di urine diluite nella normale secrezione prodotta durante l’eccitazione. «Anche questo dimostra la straordinaria superiorità della sessualità femminile», conclude Leiblum nel suo studio, con un pizzico di orgoglio.

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