Il vicino non ha fatto la raccolta differenziata? Il passeggero al vostro fianco non ha il biglietto? In Italia si fa finta di nulla perché da noi fare la spia è un malcostume. Un’infamia, direbbe qualcuno. «La morale del “chi si fa i fatti suoi campa cent’anni” è molto italiana», spiega Fabio Croci, formatore attivo presso aziende e istituzioni, ha fondato l’associazione Persone Oneste, in pratica «un modo per fare divulgazione sul tema della legalità con incontri ed esperimenti pratici», come spiega lui stesso. Così denunciare le scorrettezze altrui, o semplicemente essere rispettosi delle norme, nel nostro Paese è un disvalore e talvolta persino oggetto di ironia. «Si tratta di un comportamento cautelativo: temiamo le conseguenze delle soffiate», prosegue Croci. Peccato che la sostituzione del sistema normativo condiviso con regole omertose sia sempre un danno al sistema sociale. Oltre che un comportamento di matrice tipicamente mafiosa.
Anche perché siamo tutti sempre pronti a condannare politici corrotti, commercianti disonesti o ladri. Pensiamo però alla nostra giornata tipo di persone comuni: abbiamo chiesto lo scontrino che il barista non ci ha dato? Abbiamo usato il nostro telefonino invece di quello aziendale, per chiamare casa? Ogni giorno compiamo decine di piccole azioni scorrette se non illegali. Talvolta non ce ne accorgiamo e quando ne siamo consapevoli ci autoassolviamo. Evadiamo le tasse? «Sono troppe», ci diciamo.
Un malcostume italiano? «Non è detto – precisa subito Marzio Barbagli, sociologo dell’Università di Bologna che per anni si è occupato di devianza e criminalità, quella vera: omicidi, stupri, violenze –. Non è da escludere che i Paesi del nord Europa siano più attenti su certi comportamenti, anche se non abbiamo dati precisi in merito». Certamente però nemmeno loro sono immuni da questa forma di autogiustificazione che i sociologi definiscono una “tecnica di neutralizzazione”, seppur con qualche differenza. Provate ad esempio, nella vostra città, a superare una persona in coda con la scusa che avete un impegno urgente e osservate le reazioni degli altri. Poi, se vi capita, fate lo stesso a Londra. Le reazioni di chi viene scavalcato saranno sicuramente diverse.
Secondo Anthony Giddens, sociologo all’Università di Cambridge (Regno Unito), il rispetto di una regola è dato in massima parte dalla presenza di sanzioni specifiche. Questo spiega anche perché l’evasione fiscale è così forte in Italia: «Da noi non sono mai stati applicati gli strumenti giuridici per frenarla – fa notare Luciano Gallino, professore emerito di sociologia all’Università di Torino –. Nessun governo ha mai fatto davvero la lotta all’evasione». In poche parole, chi dovrebbe dare l’insegnamento (lo Stato) è il primo ad avere tutte le buone ragioni per chiudere un occhio. E se non è lo Stato a dare il buon esempio, è difficile che i cittadini cambino atteggiamento.
È anche vero però che lo Stato da solo non basta. Serve la collaborazione di tutti, per diventare un Paese onesto. È il concetto di controllo sociale, fenomeno che i sociologi chiamano in causa per spiegare alcune forme di criminalità connesse all’immigrazione clandestina: «L’uomo è considerato come un essere debole, fragile, portato naturalmente più a violare che a rispettare le leggi – si legge nel volume Immigrazione e sicurezza in Italia dello stesso Barbagli (Il Mulino) –. L’interrogativo di fondo da porsi non è dunque perché alcune persone commettono dei reati, ma perché la maggior parte delle persone non li commette». Secondo questa ipotesi le persone che tengono una condotta illegale o disonesta sono quelle che non possono contare su forti legami affettivi nel contesto in cui vivono. Il che non vale solo per gli immigrati: «La teoria – aggiunge infatti lo stesso sociologo – ci aiuta a capire anche il motivo per cui le piccole e grandi violazioni sono maggiori tra la popolazione di età compresa tra i 15 e i 25 anni, un fase della vita in cui i legami con la famiglia di origine si stanno allentando, ma in cui i nuovi legami sono ancora deboli o del tutto assenti». Come dire: chi rispetta le regole lo fa perché si immagina la reazione di disapprovazione dei genitori, della fidanzata, degli amici. O semplicemente degli altri passeggeri dell’autobus, più onesti di lui.
Nella foto. Un autobus della Sun, la società di trasporti di Novara che ha condotto una campagna di moral suasion contro i “portoghesi”. «Le grandi ed evidentissime vetrofanie applicate sulla fiancata degli autobus – spiega il presidente Luigi Martinoli – invitano tutti i nostri utenti a salire solo dalla porta anteriore mostrando il biglietto o l’abbonamento». (da L’Azzurro)
L’articolo completo su Airone, ottobre 2012