Misurare la sostenibilità? Un’ottima idea. Peccato manchino standard comuni. Da questa constatazione ha preso il via il progetto Corporate social responsibility voluto dall’Istat e da Csr Manager Network, associazione che raggruppa manager coinvolti nella sostenibilità della propria azienda. L’obiettivo? Dimostrare che un’impresa è socialmente responsabile ed ecosostenibile. L’idea nasce nel solco tracciato dallo stesso Istat con il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, a fine 2011: costruire un nuovo indicatore di benessere globale. Perché è anche dalla sostenibilità delle sue imprese che si può calcolare il contributo alla qualità della vita di un Paese. Dodici i fattori che prenderà in considerazione il Bes (acronimo di “benessere equosostenibile”), il nuovo indice del benessere: ambiente, salute, benessere economico, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, relazioni sociali, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ricerca e innovazione, qualità dei servizi, politica e istituzioni. Nel loro insieme, spiegano dall’Istat e dal Cnel, sono questi i motori del benessere di una nazione moderna in cui non solo i livelli produttivi giustificano la definizione di “Paese sviluppato”. L’iniziava pone finalmente l’Italia all’avanguardia nel processo, in atto da tempo, di superamento del solo Pil come indicatore di prosperità. «È una base di partenza – hanno spiegato al Sole 24 Ore Enrico Giovannini e Antonio Marzano, presidenti rispettivamente dell’Istat e del Cnel – su cui vorremmo che la politica riflettesse». Di questi temi si parlerà a Roma il 5 marzo presso l’Auditorium di via Veneto in occasione del convegno di presentazione del volume Nuovi indicatori di benessere pubblicato dalla Provincia di Roma nell’ambito del Progetto strategico capitale metropolitana.