Fino a quando il fotovoltaico si fonderà sulle virtù del silicio? Ancora per una decina d’anni almeno, assicurano gli scienziati. Anche perché la disponibilità dell’elemento chimico alla base dei pannelli solari non è in pericolo di esaurimento. Eppure la ricerca non si ferma. E così ecco le nuove strade che la tecnologia sta prendendo. Partendo dalla biologia: è recente la scoperta delle potenzialità “energetiche” del calabrone orientale (Vespa orientalis). Le ha individuate un gruppo di ricercatori dell’università di Tel Aviv, che ha mostrato come la pancia dell’insetto è una vera e propria cella solare vivente: raccoglie i raggi del sole e li trasforma in energia elettrica. Questo spiegherebbe perché l’attività del calabrone è debole al mattino, quando il sole è basso, mentre aumenta nel pomeriggio. Nasce insomma il biofotovoltaico, che cerca in animali e vegetali nuove fonti di conversione sole-elettricità. In fondo l’aveva dimostrato anche Milan Karki un anno e mezzo fa: questo simpatico diciottenne nepalese con trenta euro era riuscito a mettere insieme un mini pannello che produceva corrente a 9 volt usando capelli umani. La melanina, componente da cui dipende il loro colore, funziona da conduttore, più o meno come il silicio. I vantaggi del biofotovoltaico? Costi ridotti, che renderanno le energie pulite veramente disponibili a tutti.